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Il paziente affetto da SLA soffre di una degenerazione progressiva del motoneurone centrale e periferico, con un decorso del tutto imprevedibile e differente da soggetto a soggetto, con esiti disastrosi per la qualità di vita oltre che sulla sua sopravvivenza.

Le conseguenze di questa malattia sono la perdita progressiva e irreversibile della normale capacità di deglutizione (disfagia), dell’articolazione della parola (disartria) e del controllo dei muscoli scheletrici, con una paralisi che può avere un’estensione variabile, fino ad arrivare alla compromissione dei muscoli respiratori, quindi alla necessità di ventilazione assistita e in seguito alla morte.

La SLA in generale non altera le funzioni cognitive, sensoriali, sessuali e sfinteriali del malato.

La SLA è annoverata come malattia rara nell’elenco delle malattie croniche invalidanti stilato dal Ministero della Salute. Ciò significa chele persone affette da questa impietosa patologia, possono usufruire dei servizi relativi (esenzioni, riconoscimento dell’invalidità). Purtroppo però l’organizzazione dell’assistenza agli ammalati e i relativi esosi costi, gravano sulle spalle delle famiglie.

Gruppo di esenzione

Malattie del sistema nervoso e degli organi di senso

Codice esenzione

RF0100

Codice ICD9CM

335.20

Incidenza

La SLA è una patologia rara (incidenza: 1-3 casi ogni 100.000 individui all’anno) e, nella quasi totalità dei casi, sporadica (le forme familiari sono circa il 10% del totale dei pazienti). Verosimilmente si tratta di una malattia ad origine multifattoriale; attualmente le ipotesi più accreditate per spiegare la degenerazione neuronale sono due: un danno di tipo eccitotossico, dovuto ad un eccesso di Glutammato, e un danno di tipo ossidativo, dovuto ad uno squilibrio tra sostanze ossidanti e sostanze riducenti nel microambiente che circonda i motoneuroni colpiti.

Sintomi

L’inizio della SLA può essere così subdolo che i sintomi vengono spesso trascurati. I sintomi iniziali includono debolezza muscolare, che influisce sul funzionamento di un braccio o di una gamba, brevi contrazioni (mioclonie), “dimagrimento” muscolare o atrofia, crampi, oppure una certa rigidità dei muscoli; voce indistinta o tono nasale, con particolare difficoltà a pronunciare la lettera “erre”.

Debolezza agli arti, crampi, problemi nel parlare distintamente

Le parti del corpo interessate dai sintomi iniziali della SLA dipendono dai muscoli che per primi vengono colpiti. Circa il 75% delle persone presenta inizialmente sintomi ad un arto, acquisendone consapevolezza nel momento in cui si cammina o si corre, oppure notando una tendenza ad inciampare più spesso. Altri pazienti con l’esordio all’arto sperimentano la difficoltà ad eseguire compiti semplici che richiedono destrezza o forza prettamente manuale, come abbottonare una camicia, scrivere o girare una chiave in una serratura.

Esordio bulbare

Circa il 25% dei casi di SLA sono ad “esordio bulbare”. I pazienti che mostrano tale sintomo notano inizialmente difficoltà nell’articolare parole e frasi (disartria), con un’evoluzione che porta fino alla perdita della comunicazione verbale (anartria). Può anche essere presente un problema di motilità delle corde vocali che determina a volte disfonia.
Si associa inoltre una progressiva difficoltà ad ingoiare liquidi e/o solidi che “vanno di traverso” (disfagia). La lingua può presentarsi atrofica e con fascicolazioni. Spesso è presente una facile stancabilità dei muscoli della masticazione, che insieme alla disfagia è spesso responsabile di dimagrimento e malnutrizione (si rende quindi necessario un intervento per posizionamento di PEG).
Indipendentemente da quale sia la parte del corpo interessata per prima dalla malattia, con il progredire della stessa la debolezza, la rigidità e/o l’atrofia muscolare si estendono ad altre parti del corpo. I pazienti hanno problemi crescenti nello spostarsi, nel deglutire (disfagia), e nel parlare o formare le parole (disartria). Segni del coinvolgimento del primo motoneurone sono il progressivo irrigidimento dei muscoli (spasticità) e la presenza di riflessi molto vivaci (iperreflessia) o di segni della via piramidale motoria, come il segno di Hoffmann e il segno di Babinski.
Il segno di Babinski (che consiste nell’estensione in alto dell’alluce del piede e lo “sventagliamento” all’infuori delle altre dita, previa stimolazione della pianta del piede ad esempio con un ago) è un altro indicatore di danno al primo motoneurone.
Segni di danno del secondo motoneurone sono la presenza di ipotrofia dei muscoli, fascicolazioni (guizzi muscolari percepibili sotto cute), crampi muscolari, riduzione del tono muscolare, dei riflessi osteotendinei e della forza.
Circa il 15–45% dei pazienti sperimenta il cosiddetto “effetto pseudobulbare”, conosciuto anche come “labilità emotiva”, che consiste in attacchi di riso incontrollabile, oppure pianto.
Per essere diagnosticati come affetti da SLA, i pazienti devono mostrare segni e sintomi di danno sia al primo che al secondo motoneurone, senza che essi possano essere attribuiti ad altre cause.
Anche se la sequenza di comparsa dei sintomi emergenti e la velocità di progressione della malattia variano da persona a persona, alla fine i pazienti non sono quasi mai in grado di stare in piedi o di camminare, uscire o entrare dal letto da soli, mettersi a posto le coperte o, più tardi, sdraiarsi o alzarsi dal letto e utilizzare utensili. Le difficoltà a deglutire e masticare compromettono la capacità del paziente di mangiare normalmente ed aumenta così il rischio di ab-ingestis con soffocamento, il rischio che il cibo, cioè, vada nella via respiratoria.
Non mangiando normalmente i pazienti non riescono ad avere una buona nutrizione, sufficiente per sostentare il proprio organismo e i propri neuroni che in questo momento specifico hanno bisogno di un apporto maggiore del normale.

Demenza fronto-temporale in una piccolissima percentuale di pazienti

Una piccola percentuale di pazienti va incontro allo sviluppo di demenza frontotemporale, caratterizzata da profondi cambiamenti della personalità; questo è più comune tra i malati con una storia familiare di demenza.
È importante che i professionisti dell’assistenza sanitaria spieghino ai pazienti il decorso della malattia e illustrino le possibilità di trattamento disponibili, in modo che essi possano prendere decisioni informate studiate in anticipo.

Sostegno con la ventilazione meccanica non invasiva

La SLA è una malattia che porta all’indebolimento dei muscoli. La respirazione, quindi la funzione polmonare, è sostenuta da muscoli: il diaframma è  il più importante e poi altri muscoli accessori. Spesso i malati di SLA muoiono per insufficienza respiratoria causata dalla carenza di questi muscoli e/o per  le complicanze, come le flogosi broncopolmonari, che aggravano ulteriormente il il già compromesso quadro respiratorio.

Quando i muscoli si indeboliscono,e ciò può avvenire precocemente come nelle forme bulbari,possiamo intervenire con la ventilazione meccanica non invasiva: uno strumento che tramite un’interfaccia, un maschera nasale/facciale o altro, fornisce il supporto respiratorio mancante.  La ventilazione viene eseguita di notte prevalentemente e poi gradualmente  anche nelle altre ore del giorno. Gli strumenti di nuova generazione, sia i ventilatori che le interfacce, sono molto confortevoli per il Paziente.

Qualora il supporto non invasivo diventi insufficiente l’altra via per eseguire la  ventilazione è attraverso la tracheostomia: in questo caso, trattandosi di procedura invasiva, il paziente deve avere espresso una chiara volontà tramite la pianificazione anticipate delle cure (PAC).Ogni scelta il Paziente faccia, in un senso o nell’altro, viene comunque supportato sino alle fasi finali dal team multidisciplinare e dalle rete delle cure palliative.

Nessun danno all'intelligenza e personalità del paziente (se non collaterale)

La SLA influisce in modo predominante sui neuroni motori: nella maggioranza dei casi la malattia non danneggia le funzioni cognitive, la personalità, l’intelligenza o la memoria, né influisce sulla capacità di vedere, odorare, sentire o percepire sensazioni tattili. Il controllo dei muscoli oculari è la funzione conservata più a lungo. A differenza di altre malattie neurologiche, nella SLA il controllo degli sfinteri urinari ed intestinali è di solito conservato, sebbene in seguito alla forzata immobilità ed ai cambiamenti dietetici i problemi intestinali come la stitichezza possano richiedere un’attenzione particolare e un idoneo trattamento.

Diagnosi

Non esiste un singolo test che fornisca una diagnosi definitiva di SLA, benché la combinazione di esami che attestino danno al primo e al secondo motoneurone – come documentato dai potenziali evocati e dall’elettromiografia – sia fortemente indicativa. La diagnosi di SLA, e in particolare la sua tempestività, è basata in grande misura sull’osservazione attenta dei segni che il medico nota nel paziente, e successivamente da una serie di test che servono per escludere altre malattie.

Elettromiografia (EMG)

Dal momento che i sintomi della SLA possono essere simili a quelli di una larga varietà di altre malattie o disordini più trattabili, vanno eseguiti test appropriati per escludere altre malattie. Uno di questi test è l’elettromiografia, una tecnica di registrazione particolare che rileva l’attività elettrica provocata o spontanea nei muscoli.
Per escludere altre patologie il neurologo è solito richiedere una Risonanza Magnetica (MRI), procedura non invasiva che utilizza un campo magnetico e onde radio per ricostruire al computer sezioni del cervello e del midollo spinale secondo differenti piani. Le scansioni MRI nei pazienti affetti da SLA sono spesso normali o mostrano minime alterazioni dei fasci piramidali.

Dal 2006 sono disponibili sperimentalmente marcatori biologici per la diagnosi

Recentemente ricercatori della Mount Sinai School of Medicine hanno identificato tre proteine che si trovano nel liquor cefalorachidiano a concentrazioni significativamente inferiori nei pazienti affetti da SLA rispetto a quelle che si trovano nelle persone sane. La misura dei livelli nel CSF di queste tre proteine si è rivelata un indice accurato al 95% per la diagnosi di SLA. Questi sono i primi marcatori biologici disponibili per la diagnosi di questa malattia e potrebbero essere strumenti per poter confermare la diagnosi di SLA.
Con le procedure diagnostiche attuali, il tempo medio che trascorre dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi è di circa 12 mesi. Marcatori diagnostici specifici potrebbero aiutare a fare una diagnosi più precoce, permettendo ai pazienti di ricevere la terapia più tempestivamente.

Eziologia

Fondamentalmente la causa della SLA è ignota. Un importante passo avanti verso una risposta della questione risale al 1993, quando alcuni scienziati scoprirono che mutazioni nel gene che produce la superossido dismutasi Cu/Zn (nota anche come SOD1) erano associate con la SLA familiare (~10%). Questo enzima è un potente antiossidante che protegge il corpo dai danni causati dal superossido, un radicale libero tossico.

I radicali liberi sono molecole altamente reattive prodotte dalle cellule nel corso del loro normale metabolismo; se tali molecole si accumulano danneggiano il DNA e le proteine presenti nelle cellule. Anche se non è ancora chiaro come la mutazione del gene SOD1 porti alla degenerazione del motoneurone, i ricercatori hanno ipotizzato che la causa dell’accumulo di radicali liberi possa essere fatta risalire al funzionamento difettoso di questo gene. Attualmente si ipotizza che la morte del motoneurone non sia determinata della perdita o della compromissione della attività della dismutasi, ma da una tossicità indotta dal SOD1 mutante.

Gli studi sui topi transgenici hanno portato ad una serie di teorie circa il ruolo del SOD1 mutato nella sclerosi laterale amiotrofica familiare. I topi completamente privi del gene SOD1 non sviluppano abitualmente SLA, anche se manifestano un’accelerazione dell’atrofia, in rapporto all’età del muscolo (sarcopenia) e una ridotta durata di vita. Inoltre, l’aggregazione di proteine è risultata essere una caratteristica patologica comune sia alla SLA familiare che sporadica. Nei topi con SOD1 mutato sono stati ritrovati aggregati (accumuli di proteina malpiegata) del mutante SOD1 solo in tessuti malati e maggiori quantità sono state rilevate durante la degenerazione del motoneurone. Si suppone che l’accumulo di proteina aggregata del SOD1 svolga un ruolo danneggiando mitocondri con conseguenze sulle funzioni cellulari, proteosomi, piegatura della proteina o altre proteine (Boillée S., Vande Velde C., Cleveland D. – 2006 ALS: malattia dei motoneuroni e i loro vicini non neuronali. Neuron 52 (1): 39-59. PMID 17015226).

Altri studi si sono focalizzati sul ruolo del glutammato nella degenerazione del motoneurone. L’amminoacido noto come acido glutammico è uno dei messaggeri chimici, cioè un neurotrasmettitore all’interno del cervello. Gli scienziati hanno scoperto che nei pazienti con SLA i livelli di glutammato nel plasma sanguineo e nel liquido cerebro-spinale sono maggiori rispetto a quelli presenti nella popolazione sana. Studi di laboratorio hanno dimostrato che i neuroni cominciano a degenerare progressivamente quando vengono esposti per lunghi periodi a quantità eccessive di glutammato, a causa della sua eccitotossicità. Attualmente sono in corso studi per capire quali meccanismi portino alla produzione di una quantità eccessiva di glutammato nel liquor e di come questo squilibro possa contribuire allo sviluppo della SLA. Un difetto nella ricaptazione del glutammato da parte delle cellule cerebrali di supporto, note come astrociti, che non lo sequestrano dal fluido extracellulare che circonda i neuroni è stato proposto come una causa possibile della neurodegenerazione mediata da glutammato. È stata congetturata anche una causa autoimmune: alcuni studiosi teorizzano che gli anticorpi possano alterare direttamente o indirettamente la funzione dei motoneuroni, interferendo con la trasmissione dei segnali fra il cervello ed i muscoli.

Nella ricerca della causa di SLA, i ricercatori hanno inoltre studiato i fattori ambientali, quali l’esposizione agli agenti tossici o contagiosi. Un’ipotesi è stata fatta anche a proposito di alcuni diserbanti utilizzati per trattare, fra gli altri, l’erba dei campi da calcio o da rugby.

Trattamento - Riluzolo

Non esiste attualmente una cura per questa malattia.

L’unico farmaco disponibile per la terapia della SLA è il riluzolo ed interviene sul metabolismo del glutammato riducendone la disponibilità a livello delle sinapsi neuronali. Il riluzolo, purtroppo, anche se ha rappresentato un indubbio passo in avanti, rallenta solo di alcuni mesi la progressione della malattia ed ha scarsi effetti sul suo decorso. Generalmente viene prescritto anche nel caso di una sospetta SLA.

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